La penisola italiana era da secoli divisa in una moltitudine di stati. Queste divisioni non erano solamente politiche, ma anche culturali: basti pensare alla lingua italiana, che non era unitaria sul territorio, ma al contrario si diversificava in dialetti estremamente vari. Nel 1861, anno dell’unità nazionale, l'80% della popolazione risultava analfabeta, conoscendo soltanto il proprio dialetto. Si pensi che persino il re non sapeva l’italiano: parlava solo piemontese e francese. Questa frammentazione rappresentava un problema serio: una lingua comune è una delle caratteristiche fondamentali di uno stato unitario. Ci furono accesi dibatti su come risolvere il problema. Alla fine si decise che la lingua nazionale sarebbe stata il fiorentino delle classi colte del tempo e che bisognava insegnarlo agli italiani tramite l’istruzione obbligatoria. Alessandro Manzoni fu posto a capo della commissione che scrisse il primo Dizionario della lingua italiana. Nelle scuole i libri di testo erano rigorosamente in fiorentino e per alcuni anni gli insegnanti furono obbligati a spostarsi in scuole di altre regioni, in modo che, non conoscendo il dialetto del luogo, fossero obbligati a parlare l’italiano.